Articolo tratto dal documento “A proposito di sicurezza sul lavoro” a cura di Giovanni Miccichè – Funzionario Tecnico Direzione Normazione UNI
Nella pratica dell’ergonomia grande attenzione viene posta nello studio delle modalità di interazione tra l’individuo e gli altri componenti di un sistema, con l’obiettivo di migliorare la sua prestazione complessiva, senza pregiudicare per questo le condizioni di benessere dell’uomo. Tale attenzione si traduce, nella pratica, nella progettazione di prodotti e ambienti, tra cui quelli di tipo lavorativo, plasmati sulle diverse caratteristiche ed esigenze fisiologiche e psico-intellettive dell’utente. Nata per individuare soluzioni in grado di accrescere l’efficienza e l’affidabilità dei sistemi e dei prodotti, anche di uso quotidiano, l’ergonomia ha esteso naturalmente la sua sfera di interesse ai luoghi di lavoro, concentrando la sua attenzione sul rapporto esistente tra le componenti elementari di un “sistema” lavorativo, rappresentato nella configurazione più semplice da un uomo, da una macchina e dall’ambiente in cui l’attività si svolge, con l’obiettivo di ricercare soluzioni coerenti e adeguate con la variabilità dei profili e delle esigenze dei lavoratori. Non è quindi un caso che nel DLgs 81/2008, tra le misure di tutela di carattere generale previste dal Titolo I, Capo III, Art. 15, venga citato “il rispetto dei principi ergonomici nell’organizzazione del lavoro, nella concezione dei posti di lavoro, nella scelta delle attrezzature e nella definizione dei metodi di lavoro e produzione, in particolare al fine di ridurre gli effetti sulla salute del lavoro monotono e di quello ripetitivo”. Nell’accezione più semplice il termine “ergonomia”, richiama frequentemente sensazioni di confortevolezza e soddisfazione, anche estetica, generate dalla nostra interazione con gli oggetti della vita quotidiana. Spesso si tende a giudicare l’ergonomicità di un oggetto o di un “insieme” tecnologico, valutando nel merito il solo grado di comfort percepito (tattile, visivo, di identificazione, di piacevolezza…). Nel senso più ampio l’ergonomia, attraverso un processo di analisi dinamica del contesto, cerca di orientare la fase di progettazione (design) del prodotto e delle singole fasi del processo produttivo che lo originano, tenendo presente le capacità fisiologiche, cognitive e psico-intellettive e i bisogni di chi vi opera.
Per conseguire tale obiettivo l’approccio ergonomico deve considerare, primariamente, tutte le possibili interrelazioni tra i vari elementi costituitivi del “sistema”, a partire dalle quali, successivamente, fornire gli spunti progettuali idonei a migliorare la performance del sistema stesso, in termini di usabilità e adattabilità, senza che questo determini una riduzione del benessere psicofisico dell’utente. Il design sarà realmente ergonomico se risulterà altresì accessibile, ossia in grado di prevedere spazi, processi, strumentazioni e tecnologie sicure, privi di ostacoli o barriere, utilizzabili di conseguenza da una popolazione di utenti più vasta possibile, in assenza di condizioni di disagio o di fatica sia fisica che mentale. Occupandosi della performance umana nel contesto lavorativo, l’analisi condotta in base a principi ergonomici è utile a far emergere le situazioni di discomfort legate alla presenza di vincoli imposti, ad esempio, dalle dimensioni antropometriche del lavoratore, dal sovraccarico biomeccanico che il lavoro di per sé comporta e dal carico mentale associato a una determinata attività, nella consapevolezza che quest’ultimo, al pari e forse più degli altri elementi, può influire negativamente sulla performance lavorativa stessa. Molte di queste condizioni di discomfort sono alla base, tra l’altro, dello sviluppo nel tempo di disordini muscoloscheletrici.
La possibilità di lavorare in sicurezza dipende quindi anche dalla capacità di individuare, conoscere e gestire, sin dalla fase di progettazione, i fattori di criticità in grado di condizionare negativamente l’attività che deve essere svolta. Di conseguenza, la qualità ergonomica di un prodotto più che una condizione o un requisito intrinseco, riflette il modo in cui il designer utilizza i dati acquisiti a seguito dell’analisi (fisica, percettiva, cognitiva, emozionale,…) per eliminare o limitare dal progetto finale quelle situazioni di affaticamento o di stress non conciliabili con gli standard di buona tecnica. Si tratta tuttavia di un processo estremamente complesso che richiede competenze di varia natura, sia provenienti da discipline scientifiche (ingegnere, architetto, biomeccanico, designer industriale, fisiologo…) sia da quelle più proprie del contesto sociale e cognitivo (psicologo, sociologo…). A tal proposito, in questi ultimi anni, La Commissione Ergonomia dell’UNI, grazie all’attività dei suoi quattro gruppi di lavoro (Ergonomia dell’ambiente fisico, Videoterminali e sale di controllo, Principi generali, Antropometria e biomeccanica), ha esaminato numerosi progetti di norma tecnica elaborati sui diversi aspetti di pertinenza della materia ergonomica (caratteristiche fisiche dell’ambiente, analisi del sovraccarico biomeccanico, valutazione dei fattori di rischio psicosociale e da stress lavoro-correlato, applicazione dei principi per la presentazione dell’informazione …). Recentemente poi ha dato impulso al progetto per accreditare una norma specifica nella quale vengano dettati i criteri e i requisiti di conoscenza, abilità e competenza per qualificare la figura professionale dell’ergonomo, in conformità al dettato del Quadro europeo delle qualifiche (EQF) coerentemente alle indicazioni della Raccomandazione 2008/C111/01 (EQF) e della Raccomandazione 2009/C 155/02 (ECVET – EuropeanCredit system for Vocational Education and Training).