Morte alla Saras

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Si tratta di “un atto dovuto” l’iscrizione – da parte del pm, Emanuele Secci – nel registro degli indagati del direttore dello stabilimento di Sarroch della Saras e del direttore tecnico della Stas Service di Catania, la società in appalto dove lavorava Pierpaolo Pulvirenti, l’uomo di 25 anni che ha perso la vita lunedì scorso a seguito di un incidente sul lavoro nella raffineria cagliaritana. Ieri i sindacati hanno indetto la seconda giornata di sciopero, mentre sono attesi i risultati dell’autopsia condotta dal medico legale sul giovane operaio.nnGli operai Giuseppe e Salvatore: “Serve personale qualificato. “Il morale è basso, dopo che muore un collega ci si chiede il perché di queste tragedie”. Di fronte ai cancelli dello stabilimento, a pochi giorni dalla tragedia, la voglia di parlare è poca, ma Giuseppe e Salvatore, dipendenti di una ditta esterna, la Granite Service di Firenze, che esegue manutenzione negli stabilimenti di tutto il mondo, cercano di trovare un motivo che giustifichi quanto successo. “E’ strana una morte così, uguale a quella di due anni fa accaduta ai tre operai di Villa San Pietro, perché qui gli standard di sicurezza sono elevati”, affermano ai giornalisti della Adnkronos. “Ma è necessario trovare le soluzioni per evitare queste tragedie, e l’unica soluzione è quella di pretendere personale qualificato, che abbia esperienza”.nnL’anello debole: la catena degli appalti. In generale agli intervistati – che parlano senza riferirsi, naturalmente, alle specifiche dinamiche di questo infortunio, ancora in fase di ricostruzione da parte degli inquirenti – il “meccanismo guasto”, l’anello debole della catena sembra sempre lo stesso: quello denunciato da tutte le istituzioni preposte alla prevenzione – l’INAIL in prima fila – ogni volta che si verificano incidenti del genere. “Il problema sono gli appalti, con prezzi sempre più bassi e dove le aziende vanno a risparmiare sul personale. Questi erano ragazzi tutti giovani. Lo dimostra che chi si è salvato è il più anziano, quello che aveva più esperienza. Per aprire un ‘passo d’uomo’ (l’ingresso a cisterne, sylos o colonne, ndr) ci sono procedure rigidissime da seguire e non si può entrare senza eseguirle. Così succedono le tragedie”.nn”Il massimo ribasso porta a risparmiare sulla prevenzione”. Giuseppe e Salvatore l’esperienza ce l’hanno perché eseguono lavori di manutenzione su turbine e macchine rotanti in raffinerie e centrali elettriche in tutto il mondo, e “il problema è sempre il costo del lavoro. “Se un operaio specializzato costa 100 euro al giorno, tanto per fare un esempio, e le ditte prendono un appalto a prezzi già bassi, e fanno un ribasso eccessivo, devono risparmiare sul personale”, affermano. Senza, dunque, entrare nel merito dell’incidente mortale a Pulvirenti, resta il fatto “che  è chiaro che la responsabilità di qualcuno c’è sempre. Che sia della Saras o di altri questo non sta a noi dirlo”.nnMauro e Avena: “Alla Saras alti standard di sicurezza”. Anche Mauro e Avena parlano con un tono rassegnato. Loro sono a Sarroch dal 5 aprile scorso e, dicono, per “entrare in stabilimento abbiamo fatto un training di due giorni, per entrare negli spazi confinati (spazi chiusi e pericolosi, ndr)”. “La Saras investe molto in sicurezza rispetto ad altri siti e ad altre realtà mondiali che abbiamo avuto modo di conoscere”, proseguono. “Per esempio, qui ci vogliono le firme di cinque responsabili diversi per poter entrare in stabilimento e lavorare al suo interno, ed è giusto così”. “Ogni azienda ha diversi livelli di sicurezza, noi dobbiamo seguire i nostri e quelli della Saras, ma questo deve essere una regola uguale per tutti, non solo per le aziende leader mondiali, ma anche per quelle regionali e locali”, concludono i due operai. “E’ strano, quindi, un incidente come quello di Pulvirenti. La sicurezza deve essere al primo posto, ma è necessario sorvegliare affinché queste tragedie, soprattutto identiche nella loro dinamica, non si ripetano”.nn

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