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Una svolta storica nel sistema di protezione del lavoro femminile e di lotta alla discriminazione è stata rappresentata dalla Legge Anselmi del 9 dicembre 1977 n. 903, con la quale nell’ordinamento italiano compare la prima nozione di discriminazione diretta. “È vietata qualsiasi discriminazione fondata sul sesso per quanto riguarda l’accesso al lavoro, indipendentemente dalle modalità di assunzione e qualunque sia il settore o il ramo di attività , a tutti i livelli della gerarchia professionaleâ€.nnCosì la legge 903, al primo comma, riassume la forza di un intervento basato su un principio fondamentale, quello della parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro.nnPrima di questa legge, la tutela era orientata prevalentemente in una duplice direzione.nnDa un lato, la garanzia della parità retributiva, in attuazione dell’art. 37 della Costituzione e della Convenzione O.I.L. n.100 del 29 giugno 195155, ancorata alla parità di mansioni più che alla parità di rendimento. In aggiunta anche la garanzia della stabilità del rapporto di lavoro, sul quale non dovevano incidere situazioni personali di impedimento alla prestazione della lavoratrice, in ragione della tutela anche della maternità e dell’infanzia: così, la legge 9 gennaio 1963, n. 7 ha vietato il licenziamento per causa di matrimonio e dichiarato illecite le clausole di nubilato; la legge 30 dicembre 1971 n. 1204 (modificata con la legge 29.2.1980, n. 33 e con la legge 11.3.1983, n. 59) ha disposto una specifica limitazione della capacità professionale della donna nel periodo della maternità e il divieto di licenziamento della donna dall’inizio della gravidanza fino al primo anno di vita del bambino, attribuendo tra l’altro alla lavoratrice-madre una serie di diritti ( aspettativa durante il primo anno di vita del bambino, assenze per malattie del bambino di età inferiore a tre anni, riposi per allattamento, etc).nnIn altra direzione, la tutela era orientata, così come nei confronti dei minori, a porre divieti di adibizione delle donne a lavori ritenuti pregiudizievoli (legge 26 aprile 1934, n. 653), quali il lavoro sotterraneo, il lavoro notturno e i lavori pesanti.nnLa legge 9 dicembre 1977 n. 903 ha operato, una prima svolta, nel senso di vietare in via generale ogni sorta di discriminazione diretta, nella prospettiva di una tutela paritaria.nnLa legge in esame non ha cancellato tutte le differenze oggettive tra lavoro maschile e femminile, ma da un punto di vista soggettivo, tende ad adeguare la disciplina normativa ai mutamenti sociali, nella misura in cui si riconosce un diverso ruolo dellanndonna nella società .nnSignificativa al riguardo è la riforma del diritto di famiglia del 1975 che ha riconosciuto alla donna, nell’ambito del governo della famiglia, una posizione formalmente uguale a quella dell’uomo.nnViene ribaltata la tradizionale prospettiva della tutela differenziata, si mira alla realizzazione di una parità di trattamento, tutelando la donna lavoratrice e creando presupposti per una maggiore autonomia sul piano professionale, personale ed economico.nnI benefici che vengono concessi alla donna lavoratrice, possono dunque ricondursi innanzi tutto, alla previsione di una tutela paritaria con particolare riguardo alla retribuzione.nnLa lavoratrice infatti, ha diritto alla stessa retribuzione del lavoratore quando le prestazioni richieste siano uguali o di pari valore e al medesimo inquadramento professionale.nnAltrettanto la legge vieta, poi, ogni discriminazione nell’occupazione della lavoratrice anche se attuata per motivi riferibili allo stato matrimoniale, di famiglia o di gravidanza.nnParimenti è proibito negare la parità in modo indiretto, ad esempio attraverso meccanismi di preselezione (a mezzo stampa o con altre forme pubblicitarie) che indichino come requisito professionale l’appartenenza all’uno o all’altro sesso.nnÈ importante sottolineare che, onde evitare che la donna si presenti già discriminata sul mercato del lavoro, si vieta altresì la discriminazione in tutte le iniziative in materia di orientamento e formazione professionale.nnA completamento di questa linea d’intervento la legge 903 ha modificato l’ultimo comma dell’art. 15 dello Statuto dei lavoratori, estendendo il divieto di discriminazione e le relative sanzioni anche agli atti discriminatori per motivi di sesso, di razze e di lingua.nnLa legge infine, persegue l’obiettivo della parità di trattamento ai fini previdenziali (assegni familiari, pensione di reversibilità , ecc…).nnPur non innalzando l’età pensionabile delle donne è intervenuta sul collegamento tra età pensionabile e licenziamento individuale;nn
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