Definire la “discriminazione”

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Vi è consenso generale intorno al fatto che la discriminazione sia una violazione di un diritto umano, la quale implica uno spreco dei talenti umani, con effetti negativi sulla produttività e sulla crescita economica.nnEssa genera disuguaglianze socio-economiche che minano la solidarietà e la coesione sociali e agiscono da freno sulla riduzionenndella povertà. La promozione dell’uguaglianza di opportunità e di trattamento dunque, è necessaria per muoversi verso l’eliminazione della discriminazione nella normativa e nella pratica.nnNella definizione di questo importante e diffuso concetto, occorre rapportarci anche a fonti esterne al nostro Paese, provenienti dall’ambito internazionale.nnIl principio di non discriminazione di genere ha da sempre costituito, nell’ambito dell’ordinamento internazionale, prima ancora che in quello nazionale, uno dei principi cardine.nnSin dalla Carta di San Francisco del 1945, infatti, le Nazioni Unite si sono prefisse, tra l’altro, lo scopo fondamentale di “promuovere e incoraggiare il rispetto dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali per tutti senza distinzione di razza, di sesso,di lingua o di religione…”.nnParimenti nella Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo del 1948, è affermato all’art. 2 che “…a ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà enunciati nella presente Dichiarazione, senza distinzione alcuna, per ragioni di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione….”.nnTale principio, poi, è stato ripreso e riaffermato nei Patti internazionali sui diritti dell’uomo,adottati dall’Assemblea generale delle azioni Unite nel 1966, e ulteriormente trasfuso in quel documento noto come International Bill of Rigths, la Carta internazionale dei diritti umani.nnNel 1979 l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha adottato la Convenzione sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione nei confronti della donna (Cedaw),in cui per la prima volta è specificamente definito il concetto di discriminazione di genere, nell’assunto che lo sviluppo e il benessere delle moderne società democratiche, possano compiersi solo con la partecipazione piena delle donne, in condizioni di parità con l’uomo, in tutti i settori dell’agire umano.nnA livello europeo poi, dalla Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali del 1950, è espressamente affermato il principio per cui il godimento dei diritti e delle libertà “… deve essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore, la lingua,…” (art. 14).nnDa allora, attraverso l’Atto Unico Europeo, i Trattati di Maastricht, Amsterdam e Nizza fino alla Carta Costituzionale europea, ratificata nel nostro Paese con legge 7 aprile 2005, n. 57, il principio di non discriminazione di genere è sempre stato enunciato e ricompreso tra quelli fondanti l’ordinamento comunitario.nnNon può dirsi altrettanto diretta, l’individuazione del concetto di discriminazione di genere nell’ambito dell’ordinamento interno.nnSe può ritenersi vero che nella Costituzione manchi una specifica definizione di “discriminazione contro le donne”, sopperendo al riguardo sul piano sostanziale il principio di eguaglianza enunciato all’art. 3, non è altrettanto vero che “nella legislazione” detta definizione non sia rinvenibile con un’attenta operazione di ermeneutica giuridica.nnAndiamo per gradi. La Cedaw dispone, all’art. 1, che “l’espressione discriminazione nei confronti delle donne, concerne ogni distinzione esclusione o limitazione basata sul sesso che abbia come conseguenza o come scopo di compromettere o eliminarennil riconoscimento, il godimento o l’esercizio da parte delle donne, quale che sia il loro stato civile, dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali in campo politico,economico, sociale, culturale e civile o in ogni altro campo su base di parità tra l’uomo e la donna”.nnDetta Convenzione è stata adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 18 dicembre 1979 ed è entrata in vigore, nell’ordinamento internazionale, nel 1981.nnL’autorizzazione alla ratifica e poi, l’ordine di esecuzione in Italia, sono stati dati con la legge n. 132 del 14 marzo 1985 e le norme della Convenzione sono entrate in vigore nel nostro ordinamento nel luglio del 1985.

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