Aggressioni ai danni del personale sanitario: la legge 113/2020
I dati INAIL – quasi certamente sottostimati – danno effettivamente ragione delle preoccupazioni manifestate dal legislatore, fotografando, in ambito sanitario, un incremento degli infortuni sul lavoro dovuti ad aggressioni: nel quinquennio 2015-2019, sono stati quasi 11 mila i casi di aggressione nei confronti di personale sanitario, circa il 9% di tutti gli infortuni (contro un rapporto aggressioni/infortuni del 3% – di media – negli altri settori).
Il 41% degli episodi è concentrato nell’Assistenza sanitaria (ospedali, case di cura, studi medici), il 31% nei Servizi di assistenza sociale residenziale (case di riposo, strutture di assistenza infermieristica, centri di accoglienza, ecc.) e il 28% nell’Assistenza sociale non residenziale. Le aggressioni sono state perpetrate nel 90% dei casi da soggetti esterni alle strutture sanitarie. Si tratta di una linea di tendenza che accomuna l’Italia ad altri paesi e che da anni è oggetto di studi e ricerche.
Gli articoli 1 e 4 della Legge 113-2020 ricostruiscono la lista dei destinatari rimandando agli artt. 4-6-7-8 e 9 della legge n. 3-2018. Le figure tutelate sono medici-chirurghi, infermieri, odontoiatri, veterinari, tecnici radiologi, farmacisti, professionisti in ambito riabilitativo ed ostetrico, osteopati, chiropratici, biologi, chimici, fisici, psicologi, operatori sociosanitari, educatori professionali e sociologi, assistenti sociali.
Sarà possibile estendere l’applicazione della legge a future professioni sanitarie eventualmente riconosciute dal Ministero della Salute in base all’art. 6 della legge 3/2018
l cuore del fine repressivo è costituito dagli artt. 4, 5, 6 e 9.
L’art. 4 della legge interviene sull’art. 583quater del c.p. che viene esteso e completato inserendo il personale esercente una professione sanitaria o socio-sanitaria (incluse attività ausiliarie) al pari di un pubblico ufficiale.
Le lesioni personali gravi vengono punite con una pena che va da 4 a 10 anni di carcere. Per lesioni gravissime è prevista la reclusione da 8 a 16 anni.
Lo strumento repressivo viene rafforzato dall’art. 5: tra le circostanze aggravanti di reato, troviamo il nuovo comma 11-octies dell’articolo 61 c.p. (l’avere agito con violenza o minaccia).
L’art. 6 prevede la procedibilità d’ufficio (senza querela da parte della persona offesa) ovvero l’obbligo di perseguire penalmente azioni di violenza fisica ai danni del personale sanitario e socio-sanitario.
Nel caso in cui il fatto commesso non rientri nel reato di lesioni, minaccia, molestia o simili, l’art. 9 prevede una sanzione amministrativa da 500 a 5.000 euro per condotte violente, ingiuriose, offensive o moleste agite ai danni del personale esercente una professione sanitaria o socio-sanitaria come pure di chiunque svolga attività ausiliarie di cura, assistenza sanitaria o soccorso.