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Si è conclusa martedì a Torino l’arringa dell’avvocato Guido Carlo Alleva, uno dei legali del miliardario elvetico Stephan Schmidheiny, imputato con il barone belga Louis de Cartier nel processo per le morti nelle fabbriche della Eternit di Cavagnolo (Torino), Casale Monferrato (Alessandria), Rubiera (Reggio Emilia) e Bagnoli (Napoli). La Procura ha chiesto per entrambi vent’anni di reclusione per i reati di disastro ambientale – per l’inquinamento e la dispersione nell’ambiente delle fibre di amianto – e omissione volontaria di cautele nei luoghi di lavoro. Accuse respinte al mittente da Alleva, che ha scaricato tutta la responsabiltà dei gravi fatti accaduti negli stabilimenti della multinazionale svizzera dell’amianto sui dirigenti italiani Luigi Giannitrapani, amministratore delegato di Eternit dal 1975 al 1983, ed Ezio Bontempelli, dal 1977 al 1986 a capo della struttura nelle fabbriche del nostro Paese.nn“Pm incoerenti, migliorate le condizioni ambientali nelle fabbriche”. Di fronte alla corte presieduta dal giudice Giuseppe Casalbore, l’avvocato Alleva ha ribadito la linea difensiva tracciata dall’altro legale di Schmidheiny, Astolfo Di Amato, che in precedenza aveva sostenuto la tesi della non imputabilità per il suo assistito, che avrebbe sempre gestito l’azienda nel rispetto delle regole della sicurezza per i lavoratori, stanziando anche ingenti somme per garantirla. Alleva ha cercato di allontanare da Schmidheiny l’accusa di aver rimosso le cautele contro infortuni sul lavoro in maniera dolosa, non adottando le soluzioni tecniche necessarie per evitare che i lavoratori degli stabilimenti italiani si ammalassero di asbestosi e mesotelioma. Per l’avvocato milanese, infatti, la gestione svizzera avrebbe migliorato le condizioni ambientali nelle fabbriche adottando provvedimenti semplici, come l’inserimento dei sacchi di plastica utilizzati per contenere l’amianto in altri sacchi destinati alle discariche. “Questo discorso”, ha aggiunto, “vale per ciascuno dei comportamenti descritti dall’accusa, come gli usi di scarti e del polverino”. Secondo Alleva, nelle argomentazioni dei pubblici ministeri Raffaele Guariniello, Gianfranco Colace e Sara Panelli “non c’è coerenza. Se io faccio sono responsabile, se non faccio sono sempre responsabile”. nnNell’inchiesta bis la Procura potrebbe contestare l’omicidio volontario. Il processo, nel quale l’INAIL come parte civile ha chiesto la condanna in solido dei due imputati e delle società del gruppo per un importo di 185,5 milioni, riprenderà lunedì 7 novembre con la replica dell’accusa. Nel frattempo la Procura sta valutando la possibilità di contestare il reato di omicidio volontario, magari con la formula del dolo eventuale, nell’inchiesta Eternit bis, che intende risalire ai colpevoli di ogni singolo caso di asbestosi o mesotelioma provocato dal contatto con l’amianto. Per il momento sono al vaglio le vicende di circa 700 lavoratori e di 270 persone che abitavano nei pressi degli stabilimenti. Se i magistrati si convinceranno che non si tratta di semplice colpa, potrebbero contestare il reato doloso, ma molto dipenderà da quale sarà l’esito del processo in corso a Torino. nn
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