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Nell’arco degli ultimi trent’anni l’Italia ha mutato radicalmente il proprio ruolo all’interno dello scenario internazionale, trasformandosi da paese di emigrazione a una delle principali destinazione dei flussi migratori internazionali. nnLa spontaneità con cui si è verificata tale trasformazione ha colto di sorpresa le istituzioni che si sono mostrate sostanzialmente impreparate a gestire sul piano amministrativo e politico il fenomeno, con ovvie ripercussioni sulle modalità di costruzione del modello italiano di inserimento dei migranti, in primo luogo all’interno del mercato del lavoro. nnUn modello che, come evidenziato da molti studiosi, si è edificato progressivamente “dal bassoâ€, alimentato dall’informalità che ha presieduto -e ancora presiede- i meccanismi di incontro tra le richieste del sistema economico e un’offerta del lavoro, che nella sua componente straniera, mediamente giovane, costantemente alimentata dalla forza delle catene migratorie, risulta caratterizzata da una spiccata propensione al lavoro, da un’elevata adattabilità e disponibilità ad accettare unskilled jobs.nnLa Toscana, quinta regione in Italia per incidenza degli stranieri sulla popolazione totale dopo Emilia Romagna, Umbria, Veneto e Lombardia, conta al 1 Gennaio 2009 quasi 310mila residenti, pari all’8,4% della popolazione (la media italiana è del 6,5%), e si compone per circa un quinto di minori (di cui 6 su 10 nati in Italia) e per il 52% di donne.nnLe nazionalità maggiormente numerose risultano, nell’ordine, la Romania (64mila residenti), che scavalca l’Albania (62mila presenze), quindi la Cina, la quale nonostante la battuta di arresto dei “nuovi†flussi si conferma come la terza comunità (poco più di 26mila residenti), il Marocco (24mila) e più distanziata la comunità degli immigrati dalle Filippine (circa 9500). Tra le 5mila e le 10mila presenze si trovano anche Polonia,Ucraina, Macedonia, Senegal (IRPET, 2009).nnNel panorama nazionale la Toscana rappresenta una delle regioni maggiormente attrattive nei confronti degli occupati di origine non italiana: al 2008 la nostra regione è quinta per incidenza percentuale degli occupati stranieri sul totale (9,4% contronnuna media nazionale del 7,6%).nnSe guardiamo alla dimensione quantitativa dell’inserimento degli immigrati nel mercato del lavoro, attraverso i due principali indicatori, il tasso di occupazione e quellodi disoccupazione, si conferma l’immagine di una popolazione caratterizzata da un’elevata propensione a partecipare al mercato del lavoro. Il tasso di occupazione degli stranieri risulta superiore a quello degli italiani (68,8% contro 65%), con divari particolarmente accentuati nel caso della componente maschile (oltre 7 punti percentuali), mentre nel caso delle donne il gap è decisamente più contenuto.nnI diversi livelli di partecipazione al mercato del lavoro tra stranieri e italiani scontano la diversa composizione per età delle due popolazioni, in particolare la diversa incidenza della componente anziana della forza lavoro, che in generale tende ad avere un minor tasso di partecipazione. Tuttavia anche tenendo conto della diversa composizione per età , l’inserimento occupazionale degli stranieri risulta più elevato.nnPer quanto concerne la componente maschile, i tassi di occupazione si distinguono per livelli più elevati tra gli autoctoni nelle fasce adulte centrali e al contrario per un valore più basso nelle classi di età prossime alla pensione, mentre gli stranieri mostrano un ingresso precoce nel mondo del lavoro, con livelli di occupazione superiori agli italiani nelle classi di età giovanili e fino ai 35 anni .
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